Te l’aspettavi così Giovanni?

«Prima di farlo, basandomi su quello che avevo visto da spettatore e dai racconti degli altri, mi ero immaginato qualcosa di entusiasmante. Oggi, dopo averlo fatto, posso dire che la realtà ha superato la fantasia. Correre per le strade d’Italia, con tutto quel calore della gente che ti avvolge quando passi, è un’esperienza unica».

Con che bilancio chiudi questa nuova ed impegnativa esperienza?

«Sinceramente sono contento dei risultati ottenuti, tant’è che forse ho un solo rammarico. Quello cioè di non aver vinto una tappa, anche perché mi sono resto conto di avere i mezzi per riuscirci e col quarto posto di San Giovanni Rotondo ci sono andato davvero vicino».

Quel sesto giorno di gara è stato anche il più bello?

«E’ stato il punto più alto della mia partecipazione al Giro, una vera e propria apoteosi. E poi ha contribuito a rendere ancor più emozionante ed allo stesso tempo esaltante il passaggio non solo nella mia San Costanzo, ma nell’intera nostra cosiddetta Contea. E aggiungerei che è stato bellissimo, più in generale, constatare quello che si può trasmettere alla gente, con milioni di italiani riversati lungo il percorso in ogni angolo del Paese ed incollati davanti alle televisioni per seguirci pedalata dopo pedalata».

Come hai vissuto il passaggio per strade a te familiari?

«I giorni prima avevo pensato al modo per rendere omaggio alla mia terra e, quando nella Cassino-San Giovanni Rotondo mi si è prospettata l’opportunità di conquistare la maglia bianca, ho cercato di non lasciarmela sfuggire. E’ stata una motivazione in più, che mi ha spinto ad arrivare sino in fondo appresso a Masnada, Conti e Rojas ed a difenderla a denti stretti nella Vasto-L’Aquila. Così mi sono presentato alla Tortoreto Lido-Pesaro da protagonista, con la massima attenzione dei media e tanti famigliari, amici ed appassionati di ciclismo ad accogliermi con un affetto incredibile. Fin lì gridavano tutti “Nibali-Nibali”, sentire adesso urlare il mio nome è stato commovente e di enorme stimolo».

C’è stato invece un momento che al contrario avresti voluto evitare?

«La seconda settimana è stata dura, devo ammettere di aver patito parecchio. Andando più nello specifico, se nell’immaginario collettivo il Mortirolo rappresenta l’incubo di noi ciclisti, in realtà io ho sofferto tantissimo l’arrivo in salita di Ceresole Reale al Lago Serrù. Forse anche perché il primo in quota, ben al di sopra dei duemila metri, dopo aver già messo alle spalle più di metà Giro».

Ritieni giusto il verdetto finale di questa centoduesima edizione?

«Chapeau a Carapaz ed alla Movistar per quello che hanno fatto. Probabilmente sono stati un po’ sottovalutati, nonostante lui fosse arrivato quarto l’anno scorso e si stesse parlando di un team con una tradizione importante. Loro sono stati bravi anche ad approfittare della sfida psicologica tra Nibali e Roglic nella quattordicesima tappa, quando Carapaz è scattato e gli altri due rivali tergiversando sul da farsi hanno finito per ritrovarsi ad oltre un minuto e mezzo dall’ecuadoriano. Della serie, tra i due litiganti il terzo godo. E’ stato comunque un perfetto lavoro di squadra, perché il capitano è stato protetto come meglio non si poteva».

Sai già con chi correrai il Giro d’Italia 2020?

«Su questo non ci sono dubbi, ho rinnovato il mio contratto con la Bardiani CSF e sono soddisfatto del nostro rapporto sotto ogni aspetto. Bruno Reverberi e suo figlio Roberto (ndr alla direzione tecnica della squadra) hanno sempre dimostrato la massima fiducia nei miei confronti, per cui andiamo avanti assieme con l’obiettivo di festeggiare altri successi».